Alcuni ambiti come la bioarchitettura, la bioedilizia, l’architettura naturale, il Feng Shui e diverse altre discipline che riguardano la progettazione, sono, ognuna a modo suo, attente a temi come la sostenibilità sia nei processi che nei metodi e nei materiali impiegati, all’orientamento degli edifici, i flussi energetici, ecc. Agli occhi dei professionisti che si occupano delle suddette discipline, il Biophilic Design a volte può sembrare una pratica che si occupa di tematiche già largamente trattate da discipline che esistono da più tempo: per esempio il benessere delle persone negli ambienti costruiti, la salute psicofisica, la salubrità degli ambienti, ecc.
A volte si arriva alla conclusione che il Biophilic Design non introduca nulla di nuovo, se non temi sviluppati da altre discipline, alle quali si vuole semplicemente dare un nuovo nome.
Se però ripensiamo ad alcuni concetti chiave del Biophilic Design, scopriamo senza difficoltà che le scoperte non proprio recentissime sull’innata biofilia degli esseri umani portano con sé una profonda comprensione scientifica delle nostre esigenze legate alla storia evoluzionistica della nostra specie e di come esse possano essere tradotte in un linguaggio architettonico.
Quello che in passato spesso veniva eseguito a livello intuitivo e sulla base dell’esperienza, con il Biophilic Design viene studiato, spiegato e risolto sulla base di evidenze scientifiche. Oggi sappiamo molto sulla biofilia umana e queste conoscenze ci aiutano ad inserire in maniera più metodica e con risultati più precisi alcuni dettagli negli edifici con specifiche destinazioni d’uso.
Viene in aiuto anche il fatto che la qualità di una progettazione biofila sia valutabile, sia ex-ante sia ex-post, attraverso l’impiego di conosciuti sistemi di sperimentazione e misurazione che sono stati sviluppati dagli psicologi ambientali.
C’è ancora molto lavoro di informazione e divulgazione da fare per spiegare che non si tratti affatto di sposare vecchi concetti in una veste nuova, ma di una solida base di conoscenze scientifiche sul rapporto tra uomo e natura e sulla biologia e psicologia dell’essere umano; quest’ultimo ha esigenze precise a cui l’architettura e gli spazi artificiali dovrebbero rispondere sempre più adeguatamente.
Qualche perplessità sul Biophilic Design nasce probabilmente anche dal fatto che alcuni dei suoi argomenti o attributi vengono inconsapevolmente o intuitivamente usati in architettura praticamente da sempre, indipendentemente dalle epoche o correnti culturali, perché si sono sviluppati sulla base di sperimentazioni ed esperienze sedimentate nel tempo che si sono dimostrate vantaggiose per l’essere umano.
Particolare attenzione merita il paragone tra la progettazione di spazi rigenerativi (restorative design) da un lato e il Biophilic Design dall’altro lato. In riferimento al primo, l’effetto rigenerativo può derivare dalla presenza di piante e altri elementi naturali, ma può avvenire anche in luoghi che privi di qualsiasi elemento naturale evidente. La psicologia ambientale e architettonica si occupa degli spazi rigenerativi.
Invece, la rigenerazione dell’attenzione dopo una fatica mentale e la riduzione dello stress nel caso della progettazione biofila, avviene sempre in combinazione con la presenza di elementi, principi o strutture legati al mondo naturale che comportano molteplici benefici per l’essere umano.
Ci auguriamo che le varie discipline possano trovare anche in futuro delle valide sinergie e arricchirsi a vicenda.
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Bettina Bolten, Biophilic design consultant